Caraffa del Bianco è un comune di 463 abitanti della Città Metropolitana di Reggio Calabria.
Origini del nome
Fu fondata, alla fine del XVII secolo, da alcuni abitanti di Sant’Agata del Bianco, ai quali il principe di Roccella Jonica, Fabrizio Carafa, aveva concesso delle terre. La prima parte del toponimo riflette il nome della nobile famiglia cui la zona appartenne fino all’abolizione del feudalesimo.
Informazioni:
Sito istituzionale:
www.comune.caraffadelbianco.rc.it
Il territorio
Caraffa del Bianco si trova su un colle a circa 355 m sul versante orientale dell’ Aspromonte ad est di Reggio_Calabria. Il suo territorio si affaccia sulla vallata della fiumara Laverde ed è circondato da boschi di ulivi secolari, querce, castagni e ciliegi, oltre ad avere numerose sorgenti d’acqua e un clima molto salubre.
La Storia
La fondazione di Caraffa del Bianco è strettamente legata al limitrofo comune di Bianco, il cui feudatario, Fabrizio Carafa, principe di Roccella, tra il 1589 e il 1594 fece fondare un nuovo abitato, permettendo a diverse nobili famiglie originarie di Sant’Agata del Bianco, come i Sotira, venute in contrasto con il duca di Precacore, di trasferirsi nel suo feudo e di edificare case nel luogo chiamato “Il pizzo”. Il nobile fondatore, quindi, diede al nuovo agglomerato il nome di Caraffa, che deriva dal suo cognome, poiché aveva già nominato con il suo nome il borgo di Fabrizia.
Don Fabio e Ottavio Sotira iniziarono allora a costruire una casa nella zona assegnata, ma a causa della caduta di un fulmine, interpretato come cattivo presagio, lasciarono questa opera incompiuta e decisero di ricostruirla nella località chiamata tutt’oggi “Chiesa Vecchia”. Per i nuovi abitanti il principe Carafa comprò la Fontana Boccalupi, lasciando al proprietario venditore l’uso dell’acqua solo il sabato per annaffiare il giardino e destinandola gli altri giorni per alimentare i mulini del nuovo agglomerato urbano, al fine di svincolare i Caraffesi dalle sudditanza di Sant’Agata. Nel territorio caraffese, come in altre parti della Baronia di Bianco, si allevavano pregiati cavalli di razza, chiamati “Regia Razza” poiché essi venivano venduti anche alle scuderie reali di Napoli. Di questo allevamento rimane traccia nell’odierno gonfalone comunale, raffigurante un cavallo bianco rampante su sfondo rosso.
Nato quindi come casale di Bianco e sottoposto alla giurisdizione feudale della famiglia Carafa, il paese rimase sotto il loro controllo fino all’eversione della feudalità, decretata dal nuovo re di Napoli, Giuseppe Bonaparte, nel 1806: con il varo della nuova riforma amministrativa, Caraffa divenne dunque un Comune autonomo, compreso nel Circondario di Bianco, a sua volta parte del Distretto di Gerace, e mantenne questa suddivisione anche dopo il ritorno sul trono della dinastia borbonica. Nel 1847 Caraffa, insieme ad altri paesi vicini, come Bianco e Bovalino, fu coinvolta nella Rivolta di Gerace, un moto insurrezionale mazziniano organizzato da cinque giovani patrioti, passati alla storia come i “Cinque Martiri di Gerace”: tra di essi spiccava il caraffese Rocco Verduci, un giovane possidente terriero di idee liberali, che alla fine fu catturato, condannato a morte e fucilato il 2 ottobre 1847 a Gerace insieme ai suoi compagni di lotta (Gaetano Ruffo, Michele Bello, Pietro Mazzone e Domenico Salvadori).
Dopo l’Unità d’Italia il paese cambiò nome: con Regio Decreto del 1864 infatti ebbe la nuova denominazione di Caraffa del Bianco, per distinguerlo dall’omonimo centro in provincia di Catanzaro. Gravemente colpita dal terremoto di Messina del 1908, con la nuova riforma amministrativa voluta dal fascismo, dal 1926 Caraffa del Bianco fu unita assieme ai comuni limitrofi di Samo, Sant’Agata del Bianco e Casignana nella nuova entità comunale di Samo di Calabria, ritrovando l’autonomia amministrativa solo nel 1946.
Arte e cultura
Monumenti e luoghi d'interesse
Architetture religiose
Risale al XVII secolo e conserva ancora la sua struttura originaria. Sorge nell’antico nucleo del borgo di Caraffa nella zona denominata "Pizzo" che, col passare del tempo e con l’estendersi dell'agglomerato urbano verso l'alto, divenne la parte bassa del paese, rientrando nell’area del centro storico. L'edificio religioso possiede un'imponente facciata in pietra che si staglia verso l'alto e sulla quale si sviluppano quattro lesene sormontate da un cornicione, che fa da basamento al timpano triangolare che corona l'intera facciata. La gradinata centrale in lastre di pietra guida verso il grande portone ligneo d’ingresso, sormontato da un rosone a forma di croce greca dagli angoli arrotondati, mentre sul lato sinistro della facciata si trovano due piccole campane bronzee, una delle quali risalente al1631. La chiesa ha due navate e tre altari, dei quali uno intitolata a Santa Maria degli Angeli, uno alla Vergine del Rosario e l'altra al Santissimo Sacramento. Gravemente danneggiata dalla scossa sismica del 1908, la chiesa è stata aperta saltuariamente al pubblico fino al 1942, finché venne chiusa al culto perché pericolante. Il terremoto del Marzo 1978 aggravò ancor di più la situazione strutturale dell’edificio. Tra il 1979 ed il 1984 la chiesa fu restaurata dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici di Cosenza perché precedentemente riconosciuta come “Bene Nazionale” in quanto rappresenta un’antica ed artistica costruzione di stile romanico-bizantino, tra le poche forme d’arte dentro la Diocesi di Gerace e riflette una più remota architettura. Importante sottolineare che nel corso dell’intervento di restauro, sotto l’abside, è stata rinvenuta una fossa comune. La Madonna degli Angeli è la Patrona di Caraffa del Bianco, i cui festeggiamenti ricorrono il 7 e 8 Agosto, giorni in cui il paese si veste a Festa e per le strade si può assistere alla Santa Processione.
Si trova si trova in piazza Nazario Sauro. La prima struttura, risalente al periodo fascista, era interamente realizzata in lamiera. Intorno al 1950 è stata ricostruita in mattoni pieni, realizzando la caratteristica facciata bianca con portone in legno, mentre lateralmente sono presenti due finestre. Una gradinata in pietra garantisce l’accesso all’interno della chiesa, composta di un’unica navata. Questa chiesa custodisce diverse statue che a turno vengono poste sull’altare.