Comune di Antonimina

Antonimina è un comune italiano di 1256 abitanti della città metropolitana di Reggio Calabria. Sorge a 327 metri sul livello del mare in una vallata tra la fiumara Gerace e la fiumara Portigliola. Il borgo è equidistante dalla Costa dei Gelsomini e dallo Zomaro.

Origini del nome

Sul nome di Antonimina qualcuno ha voluto proporre la derivazione piuttosto fantastica dal greco “anzonomos” (ricco di fiori), altri invece ritengono che il nome sia composto da un primo elemento “Antoni” (Antonio) e il secondo “Mina“, un cognome ancora esistente nel Comune; il paese, secondo questa versione, ha derivato il suo nome da un tale chiamato Antonio Mina.

Informazioni:

Sito istituzionale:

www.comune.antonimina.rc.it

Il Territorio

Il territorio del comune si inserisce nel Parco nazionale dell’Aspromonte. Il rilievo montuoso più in evidenza è il monte San Pietro, chiamato anche Tre Pizzi per le caratteristiche tre guglie. Misura 708 m s.l.m..

Il piccolo borgo di Antonimina, è circondato da boschi di querce secolari e uliveti famosi, dai quali si estrae un olio considerato tra i migliori extravergine di tutta la Calabria. E’ composto dal “centro” e dalle frazioni di Bagni Minerali, Tre Arie, San Nicola,  Solfurio, Bunca e Cacciagrande.

Antonimina è nota soprattutto per le sue acque termali, conosciute fin dall’antichità con il nome di “Acque Sante Locresi”. Lo sfruttamento delle terme, rappresenta oggi la maggiore fonte di reddito e di sviluppo.

La Storia

Pare sia stata fondata, nel XVII secolo, da un gruppo di pastori, che si insediò nella zona, per poter meglio provvedere alla custodia delle greggi. Inclusa nel principato di Gerace, fece parte dei possedimenti del nobile casato genovese dei Grimaldi fino al crollo del sistema feudale, sancito dalle leggi napoleoniche. Il terremoto della seconda metà del Settecento vi fece sentire tutta la sua forza devastatrice. Col nuovo ordinamento amministrativo disposto dai francesi, all’inizio del XIX secolo, fu dapprima compresa tra le università del cosiddetto governo geracese e poi elevata a comune autonomo. Rimasta nel circondario di Gerace anche durante la restaurazione borbonica, entrò a far parte dell’Italia unita, insieme al resto della regione. Negli anni Trenta fu inserita nell’elenco degli abitati da consolidare a totale carico dello stato.

Le Terme

Le acque termali locresi sono famose fin dalla Magna Grecia, quando gli abitanti della colonia di Locri Epizephiri, attraverso un importante sistema di canalizzazioni, facevano arrivare queste acque nella loro città utilizzandole per scopi terapeutici.

Anche Plinio nei suoi scritti, decanta l’importanza di queste acque utili per curare molte malattie “ed in particolare giovano per curare la sterilità delle donne”.

Le Terme di Antonimina, sono ubicate nella omonima vallata e composte da tre nuovi centri diagnostici, per l’otorinolaringoiatria, la cardiologia e la traumatologia.

Le terme locresi utilizzano l’acqua termominerale, sulfurea e clorurata della purissima sorgente Precatorio, sgorgano a 35° di temperatura e sono utilizzate per la cura di patologie delle vie respiratorie e per i fanghi termali. Le  Terme del Consorzio Termale Antonimina-Locri erano conosciute fin dall’antichità ma la creazione dell’attuale struttura termale risale al 1870. Le sorgenti di tali acque erano, prima del terremoto del 1783, in montagna, nei pressi dello Zomaro, come testimoniano i ruderi di alcune mura dette, appunto, “Muredi di Bagni”. L’acqua sgorga a 35° ed è consigliata per diverse malattie costituzionali, per la cura della sterilita’ femminile, per malattie dell’apparato respiratorio e circolatorio. Lo stabilimento propone anche cure estetiche, come idromassaggi e massaggi.

Le acque, conosciute come “Acque Sante Locresi”, sono classificate come acque termominerali, isotoniche e leggermente sulfuree, salso-solfato-alcaline con tracce di iodio,  ideali per bagni, fanghi, aerosolterapia, nebulizzazioni, irrigazioni, insufflazioni e docce, cure estetiche, massaggi e idromassaggi.  Inoltre sono previsti trattamenti mediante crenoterapia.

L’acqua è batteriologicamente pura; è, infatti, periodicamente sottoposta ad esami batteriologici ed esami chimico fisici presso l’Istituto di Igiene dell’Università di Messina.

Informazioni

Tel.:(+39) 0964 31 20 40

Scoprire Antonimina

A destra del centro abitato si erge, come eterno custode, impetuoso e solitario, il monte San Pietro denominato “Tre Pizzi” per la curiosa forma a tre punte. Ai suoi piedi esisteva, come testimoniano alcuni ruderi del XII secolo, un convento di Frati Eremiti.
In località “Saramico” si trovano giacimenti di lignite picea ed una cava di solfato di bario, sfruttati nel passato ed ora completamente abbandonati.

Del XVII secolo è la chiesa di San Nicola di Bari, principale luogo di culto che nei secoli è stato più volte ricostruito. L’interno, in stile romanico, custodisce le statue della Madonna del Santo Rosario, di San Giuseppe e di San Rocco, protettore di Antonimina il cui culto si celebra nella seconda domenica di agosto.

Nel territorio di Antonimina si trovano suggestive formazioni rocciose, indicate dagli abitanti come “I Petri” (le pietre), che, nei racconti tramandati, sono legate a una serie di leggende.

U tri pizzi (I tre pizzi).
Tra Antonimina e Ciminà, è comunemente detta “Pietra di San Pietro”. Si racconta, infatti, che Gesù e gli Apostoli stavano passeggiando lungo la fiumara “a Principissa” quando, improvvisamente, San Pietro cominciò a lamentarsi di non avere un monumento in proprio onore. Colto da un’idea improvvisa, rivolse lo sguardo verso la collina sovrastante e, afferrando una pietra dal greto del fiume, la lanciò in alto. Il sasso si depositò in cima dando origine alla roccia. Un’altra leggenda, legata sempre a questa pietra, narra che, avendo gli Apostoli fame, Gesù ordinò loro di raccogliere alcune pietre dal letto della fiumara “a Principissa” perché le avrebbe trasformate in pane. San Pietro, cedendo alla sua ingordigia, vide un grosso masso dietro la collina e tentò di portarlo nel torrente. Stremato, fu costretto ad abbandonarlo proprio in cima.

La Petra da morti (Pietra della morte).
Si trova sulla collina “A Pidi” della frazione Tre Arie. Fu chiamata con questo nome perché pare che un pastore sia precipitato nel tentativo di salvare una delle sue pecore. U Denti da Magara (Il Dente della Maga) È in località Cropani di contrada Falcò. Si narra che il luogo fosse la meta preferita di una “magara” (maga) che lì si recava a filare e tessere. Un giorno un contadino le recò offesa e lei, per tutta risposta, esclamò che per pura fortuna in quel momento teneva stretto in mano un rosario, altrimenti gli avrebbe lanciato una “magarìa” (maledizione). Da allora nessuno osò più passare da lì.

A Petra Scritta (La pietra scritta).
Si trova in località Spilinga. Sulla roccia si intravede un’iscrizione risalente al 1834 che riporta i nomi di due individui, forse briganti, con su scritto “Terno Monimento”. Ci sono anche alcuni graffiti. Si dice che in questo luogo i briganti portassero le persone sequestrate e che nascondessero i soldi del bottino nelle cavità rocciose.

A Timpa Russa (La Cima Rossa).
È un burrone all’inizio del paese. Secondo la leggenda, le venature rossastre della roccia sarebbero le tracce di sangue di due persone morte: un uomo precipitato nel vuoto e una ragazza colpita da un masso mentre lavava i panni. Si dice anche che il luogo è infestato dai fantasmi.

A Petra ‘i San Mauro (La pietra di San Mauro).
In contrada Dedaruti, sopra la località Saramico. La leggenda narra di due fratelli dalle abitudini diverse: Mauro e Saramico. Il primo si sedeva sempre su una roccia che affacciava proprio sul posto in cui usava riposare il fratello. Mauro mangiava i lupini e poi gettava la pellicola sulla testa di Saramico. Ancora oggi si dice che la località Saramico guarda in cagnesco la roccia di San Mauro.