Montebello Jonico è un comune italiano di 5632 abitanti della Città Metropolitana di Reggio Calabria.
Origini del nome
Deriva secondo alcuni da Mons Bellus, un composto di “monte” e dell’aggettivo “bello”, nome che identifica la sua posizione geografica; secondo altri da Montis Belli, “monte della guerra”.
Informazioni:
Sito istituzionale:
www.comune.montebellojonico.rc.it
Il Territorio
Montebello Jonico è situato a 425 m s.l.m. e presenta uno sviluppo altimetrico che va dagli 0 metri s.l.m. a 1081 metri s.l.m.
La conformazione orografica del comune influisce sulla distribuzione demografica: solo il 20% della superficie è abitata. Il sistema idrografico è costituito dalle fiumare di Sant’Elena, Molaro e Dadora.
La Storia
Montebello, insieme alla sua frazione Fossato, furono probabilmente delle fortezze a difesa della via che collegava Reggio alla contea di Bova.
Casale della baronia di San Niceto, omprendente anche Motta San Giovanni, si è chiamata Montebello fino al 1864 e Fossato di Calabria Ultra Prima sino al 1890, quando assunse la denominazione attuale.
All’inizio del Cinquecento, venne acquistata da Guglielmo de Mazzoi, da cui fu donata a Ludovico Abenavoli, uno dei tredici partecipanti alla disfida di Barletta. Assegnata in seguito a Paolo Ruffo Conte di Sinopoli, e al messinese Giovanni Faraone, passò successivamente alla famiglia Guerrera, a Giovan Francesco da Ponte e di nuovo agli Abenavoli del Franco.
Dal XVIII secolo, fu sotto la signoria di Nicola Lavagna, Paolo Barone e dei Piromalli, che la tennero fino all’abolizione del feudalesimo. Il terremoto della seconda metà del Settecento vi causò vari danni. Con le riforme amministrative attuate dai francesi, a principio del XIX secolo, fu dapprima inclusa tra le università del cosiddetto governo di Melito di Porto Salvo e nel 1811 fu elevato a Comune. Nel 1816 gli furono annesse le frazioni di Fossato e Saline.
Arte e cultura
Monumenti e luoghi d'interesse
Il centro storico è ad impianto medievale, caratterizzato da strette viuzze e tratti costruiti a gradinate. Il paese è stato quasi interamente ricostruito dopo il terremoto del 1783, ma sono stati conservati, intatti, i ruderi degli antichi castelli medievali.
Quasi a giustificazione del suo nome, il paese gode di splendidi panorami, di grande interesse paesaggistico.
Chiesa dedicata a Maria Santissima presentata al Tempio, patrona del comune. Qui è presente un statua risalente alla scuola Toscana attribuita al Gagini. La scultura marmorea scolpita a tutto tondo raffigura la Madonna col Bambino in braccio e, nella parte inferiore, sono presenti dei bassorilievi. Sempre nella Chiesa di Montebello Jonico è presente un dipinto del 1600, due antichissime acquasantiere in marmo, che riportano alla base stemmi araldici. Sono presenti inoltre statue e quadri molto antichi, raffiguranti la Madonna, il Cristo e i Santi. La chiesa è a tre navate, lungo le quali sono raffigurati “I misteri del S. Rosario“. Sia nelle navate laterali che nella navata centrale sono presenti delle vetrate.
Chiesa minore contenente la statua del compatrono del comune.
Chiesa minore di Montebello situata nella contrada di Mastropietro, dove sono presenti le statue degli altri due compatroni del comune.
Situato sul confine con Fossato, meta ogni 25 marzo della processione che dalla chiesa madre del comune un’immagine della B.V Maria viene portata presso l’omonimo santuario mariano, dove si incontrano per un momento di preghiera comune la parrocchia Maria SS. della Presentazione di Montebello e Maria SS. del Buon Consiglio di Fossato.
Sorge in Piazza leone Sgro, al centro del paese.
La costruzione risale al secolo XVIII. Mons. Capobianco, con decreto del 29 novembre 1772 soppresse la Parrocchia di san Leonardo in Montebello Jonico e trasferì a Fossato la Dittereale.
Dopo i numerosi restauri, le forme e le decorazioni non sono più in sintonia con l'epoca della costruzione.
Ciò nonostante all'interno della chiesa è custodito il quadro della Madona del Buon Consiglio, patrona delle raccoglitrici delle olive.
Il quadro della Vergine sarebbe di scuola settecentesca calabrese.
Secondo la più prevalente critica invece sarebbe da scrivere a seguace d'estrazione Gagginesca.
Costruita nei primi anni del ‘900. Si trova nella frazione Saline.
Ha un portale ad arco che dà accesso all’interno della sobria aula liturgica a una sola navata. E’ illuminata da vetrate policrome raffiguranti le stazioni della Via Crucis. Custodisce la statua del SS Salvatore.
I ruderi perimetrali dell’antico monastero si trovano nella località che sovrasta la Frazione Mulino, sopra Fossato, fra i torrenti San Pietro e Racale. Di certo non si sa se il titolare della chiesetta fosse l’Evangelista o il Battista, sicuramente si tratta di un Santo orientale. Chiesa con un’unica navata e unica abside emergente di proporzioni un poco più grandi di quelle consuete. Anche poco abituale lo sviluppo longitudinale della navata. Non ci sono segni né di nicchie laterali, né di affreschi. Si trovano, invece, sparsi nel terreno, frammenti di tegole e di embrici di colore rossiccio.
Nella vallata del fiume S. Elia, di fronte alla roccia a “cinque dita” di Pentedattilo, si staglia la roccia di Prastarà.
All’interno di essa si apre una grande spelonca, detta volgarmente “La caverna dei Ladri”. E’ noto che in essa siano stati ritrovati utensili e suppellettili da cucina e altro materiale di epoca antica.
Si narra che a Prastarà ci fosse una caverna che era un vecchio passaggio per il mare ma ciò che è stato ritrovato al suo interno si discosta dalle narrazioni.
All’interno infatti sono stati ritrovati reperti archeologici, risalenti all’età del bronzo, nel periodo compreso tra il 2200 e il 900 a.C.
Sono stati rinvenuti nello specifico pezzi di vasi in terracotta con vere incisioni dette a “dente di Cane”, frammenti di punta di lancia in ossidiana per la caccia degli animali, frammenti di utensili in ossidiana che servivano per scuoiare le pelli.
L’uomo che frequentava Prastarà lavorava la creta, aveva scambi commerciali (l’ossidiana era di Lipari) e subito dopo nella grotta arrivò S. Elia il Giovane, monaco siciliano che proprio in località Prastarà fondò dopo il suo arrivo il monastero omonimo intorno all’anno 880.
Questo imponente edificio, più comunemente chiamato “a Turri” dai locali, risale alla fine del 1700 ed è stato costruito dai Baroni Piromallo, una nobile famiglia originaria di Capracotta e residente a Napoli.
Il Castello Piromallo era il centro di un vasto feudo che si estendeva per centinaia di ettari tra boschi di castagno e vigneti. I Piromallo lo utilizzavano come residenza estiva o come sede per riscuotere i proventi derivanti dalla vendita dei prodotti agricoli e boschivi.
Il più prestigioso Barone montebellese fu il Conte Giacomo Maria Piromallo, più volte Sindaco di Montebello, e fondatore della borgata S. Elia e della Chiesa dedicata alla Modonna di Pompei (1895) di cui detenne il patronato.
Il Castello Piromallo si presenta come una struttura turrita con un’area di circa 300 metri quadrati. Le due torri laterali, probabilmente aggiunte successivamente al primo impianto, costituiscono l’elemento più significativo dal punto di vista estetico e funzionale della struttura che si affaccia al mare e alla parte bassa del paese dove si estendevano gli agrumeti.
Il palazzo, restaurato per l’ultima volta tra il 1882 ed il 1892, presenta ancora oggi elementi architettonici originali come le merlature, i balconi in ferro battuto e le catene di consolidamento.
Il Castello Piromallo è uno dei tanti palazzi baronali distribuiti sul territorio comunale di Montebello Jonico, testimonianza della presenza dei Piromalli dalla marina alla montagna. Il castello è oggi di proprietà del dott. Nicola Gullì, uno dei discendenti dei nuovi acquirenti che lo comprarono dai Piromalli nel 1913. Purtroppo la struttura non è più abitata da vari decenni e versa in uno stato di degrado e abbandono che ne minaccia la conservazione.
Rientra nel comune di Montebello Jonico. Nonostante sia facilmente raggiungibile è tra le più sconosciute. Visitarla significa entrare in contatto con un spettacolo architettonico naturale, da ammirare al suo interno meandri, colonne, pilastri, stalattiti di tutte le dimensioni, conchiglie fossili e resti di altri animali marini. Si tratta di una grotta che non è stata completamente esplorata in tutte le sue parti.