Palizzi è un comune italiano di 2017 abitanti della Città Metropolitana di Reggio Calabria.
Origini del nome
Deriva secondo alcuni dal greco politsion con senso diminutivo di polis (città), secondo altri dal greco polìscin, che pare significhi “luogo ombroso”.
Ancora oggi a Palizzi si parla il greco di Calabria, antica lingua minoritaria ereditata dai primi coloni greci giunti in regione. Un’ulteriore peculiarità culturale che contribuisce a fare del borgo nel reggino uno scrigno di tradizioni difficilmente rintracciabili altrove.
Informazioni:
Sito istituzionale:
www.comune.palizzi.rc.it
Il Territorio
Il suo territorio corrisponde alla parte più estrema dell’antichissima regione che, una quarantina o cinquantina di secoli addietro, dopo essere stata indicata come Esperia (terra d’occidente) ed Enotria (terra del buon vino) fu chiamata Italia, forse dal nome del “vitello” sfuggito ad Ercole o più verosimilmente da quello del leggendario re Italo.
Centro agricolo del versante meridionale dell’Aspromonte, situato sul fianco destro della media valle della fiumara omonima, tra il monte Grappida (682 m) e il monte Carruso (619 m). L’abitato si raggruppa ai piedi di uno spuntone roccioso coronato dai resti di un castello.
Il suo territorio comprende le quattro frazioni di: Palizzi Marina, Palizzi Superiore, Pietrapennata, Spropoli.
Palizzi raggruppa tutti gli elementi dei borghi delle favole: un castello posto su una rupe, un borgo medievale ai suoi piedi e un ponte a sella d’asino che fin dal Trecento sovrasta un corso d’acqua.
Immerso in una superba natura, il borgo di Palizzi è il Comune più meridionale della penisola italiana e si abbarbica ad una rupe d’arenaria ai piedi dell’imponente castello.
Storia
Sulla fondazione del borgo di Palizzi le notizie sono incerte. Ritrovamenti testimoniano l’esistenza di insediamenti neolitici. Soprattutto di Hethei-Pelasgi, una popolazione preistorica che prima dell’avvento degli Elleni, abitava diverse aree mediterranee: l’Asia Minore, la Grecia e, l’Italia meridionale.
Durante la colonizzazione greca, Palizzi divenne un centro importante, che metteva in relazione Reggio e Locri e determinava il confine dei due territori.
Tutte le popolazioni che scelsero il territorio di Palizzi per stabilirvisi, lo hanno fatto per le sue peculiarità. Le montagne sono ricche di grotte, tanti i corsi d’acqua e i boschi. Il clima è favorevole, la terra è fertile e, la posizione interna lo metteva al riparo anche dalle incursioni e dagli assalti dei pirati.
Documentato per la prima volta nella metà dell’XI secolo, tra i beni del monastero di Sant’Angelo di Valle Tuccio, Palizzi figura, alla fine del secolo successivo, tra i casali della contea di Bova. Nel 1322 il feudo fu venduto da Bartolomeo Busca a Guglielmo Ruffo di Calabria, conte di Sinopoli, possidente di un vasto tenimento che comprendeva gran parte della Calabria Meridionale. Alla sua morte, il nipote Antonello dovette spartire il baronato con lo zio Folco, generando così il ramo dei Ruffo di Palizzi-Brancaleone, sopravvissuto per quattro generazioni, non senza bruschi intervalli, determinati dai contrasti dinastici tra Angiò e Aragona. Nel 1479 Palizzi era in mano a Bernardino Maldà de Cadorna ma già nel 1498 tornò ai Ruffo, a cui si devono i lavori sul fianco nord orientale del castello, dove evidenti sono i segni delle novità architettoniche, importante nel Regno di Napoli da Francesco Giorgio Martini e Bernardo Rossellino. Il matrimonio di Geronima Ruffo e Alfonso de Ayerbo d’Aragona nel 1505, inaugurò una ripetuta serie di avvicendamenti dinastici che videro il baronato passare prima a Troiano Spinelli, poi di nuovo agli Ayerbo d’Aragona e quindi nel 1580 ai Romano di Messina. Spetta a Giacomo Colonna Romano l’inserimento dello stemma araldico che campeggia all’ingresso del castello, posto forse al termine di una campagna di restauri. Proprietà degli Arduino di Messina dal 1666, la terra di Palizzi fu venduta nel 1751 ai De Blasio, i quali la mantennero fino al 1806, apportando notevoli ristrutturazioni al castello, che in parte definiscono l’aspetto attuale. L’imponente edificio sovrasta un borgo colmo di atmosfere medievali. Vicoli strettissimi e infinite gradinate conducono alla piazza principale dove si affaccia la Chiesa di Sant’Anna.
Scoprire Palizzi
Il centro storico di Palizzi, immerso in una superba natura, è abbarbicato ad una rupe d’arenaria ai piedi dell’imponente castello. Il paese affascina subito il visitatore per il suo centro medievale unico: “palazziate e solarate” di fantasiose soluzioni architettoniche, catoi, sottopassaggi, scalette e tetti di ceramide (tegole ricurve) danno la visione di un paesaggio naturale quasi incontaminato.
La passeggiata parte dal ponte dello “schiccio”, sotto il quale scorrono le acque della fiumara di Palizzi, dal quale può scorgersi un antico mulino.
Arrivati al centro del paese, si può visitare la chiesa parrocchiale di Sant’Anna che custodisce al suo interno un interessante gruppo di statue di santi e madonne, tra cui la scultura lignea della santa titolare, commissionata nel 1827 dall’ultimo barone di Palizzi, Tiberio De Blasio.
In fondo all’abside si staglia la statua in marmo di Sant’Anna e la Madonna, tra le prime opere a tutto tondo sopraggiunte nella diocesi di Bova, entro lo scadere della seconda metà del Cinquecento. Dello stesso periodo, ma di matrice artistica diversa, è la cupola che si innesta nella navata sinistra, testimonianza della persistenza architettonica bizantina, chiaramente percettibile all’esterno nell’uso del coccio per alleggerire la struttura. In questa parrocchia, il vescovo Stavriano, istituì (1574) la prima comunia latina della diocesi, alla quale devolvette tutte le proprietà delle chiese di Palizzi. Vi potevano entrare a far parte solo chierici latini. I greci, così esclusi e ridotti in miseria, sopravvissero dedicandosi all’agricoltura e alla pastorizia. Morirono lasciando eredi che mai si sognarono di succedere al ministero dei genitori, irrimediabilmente sconfitti dagli eventi.
Attraverso i vicoletti caratterizzati da particolari soluzioni architettoniche antisismiche, si giunge al castello d’età medievale, riconosciuto monumento nazionale dal Ministero ai Beni culturali.
Di recente edificazione la frazione marina che si estende sulla magnifica costa meta nidificatoria delle Tartarughe Marine Caretta Caretta. Palizzi, infatti, è comune capofila del progetto Life Caretta Calabria che si inserisce a partire dal 2013 nel programma Life della DG Ambiente della Commissione Europea.
Palizzi Marina è la frazione più popolosa e turistica dell’omonimo borgo. Palizzi marina risulta comoda da raggiungere poichè è presente una stazione ferroviaria, negozi e di strutture ricettive per i villeggianti. Il suo mare è molto pescoso, soprattutto a riva, cosa che rende le sue coste molto popolate sia al tramonto che alle prime ore del mattino.
Si estende sulla magnifica costa meta nidificatoria delle Tartarughe Marine Caretta Caretta. Palizzi, infatti, è comune capofila del progetto Life Caretta Calabria, che si inserisce nel programma Life della DG Ambiente della Commissione Europea.
ll piccolo borgo di Pietrapennata a pochi km a Nord di Palizzi Superiore, deve il nome ai costoni rocciosi che lo sovrastano. La tradizione vuole che i Cavalieri di Malta avessero avuto un ruolo nella fondazione del piccolo centro. Un legame quello con i Templari testimoniato dalla chiesetta della Madonna dell’Alica, che pare sia legata alla celebrazione della vittoria di Lepanto del 1571. Pietrapennata è una piccola frazione con modeste case arroccate, oggi in rovina. Pochi, infatti, gli abitanti che la popolano e che sono dediti all’agricoltura e alla pastorizia. Pietrapennata, però, conserva un piccolo gioiello. La statua marmorea della Madonna Dell’Alica, che in origine era nella chiesetta fuori le mura, spostata con il suo altare in pietra all’interno della Chiesa della Spirito Santo. È una Vergine con il bambino che si attribuisce alla scuola del Gagini realizzata nella seconda metà del ‘500. Una vergine con lo sguardo molto dolce, cui purtroppo furono ritoccate le palpebre. Pare apparisse troppo fiera per essere la madre di Gesù Bambino.
Spropoli, piccola frazione di Palizzi, conosciuta come la valle degli oleandri e il paese dalle colline marmose per le sue bellezze naturalistiche. Si trova sul mare, e la sua spiaggia è una delle più belle del tratto di costa che va da Marina di Palizzi a Capo Spartivento..
Monumenti e luoghi d'interesse
Il Castello domina Palizzi Superiore elevandosi su un mastodontico costone roccioso a 300 m s.l.m. con pareti a picco, in posizione dominante rispetto al centro abitato. Era considerato un baluardo difensivo per sfuggire alle incursioni dei nemici dei secoli della pirateria turchesca. L’unica possibilità di accesso è la via Castello a riprova della strategica posizione.
Non si hanno notizie certe relative alla data di costruzione dell’edificio, ma su una lapide posta all’ingresso si legge in latino che nel 1580 era “cadente per vecchiaia”. La prima edificazione della rocca potrebbe risalire al XIII secolo ma è probabile che il castello sia stato edificato dai Ruffo nel XIV secolo.
Negli anni, numerosi sono stati gli interventi a cui è stato sottoposto e che lo hanno condotto all’aspetto con cui si mostra adesso.
L’impianto difensivo venne rimaneggiato dai Romano, dai Colonna e dagli Erbo nel XVI secolo, dagli Arduino di Alcontres nel XVIII secolo e fu poi trasformato in palazzo residenziale dalla famiglia baronale dei De Blasio nel 1866 (nella persona di Tiberio che decise di ricostruire il castello di Palizzi ad un anno esatto della morte del padre avvenuta proprio nelle sue stanze) che sul lato ovest edificarono il palazzo tutto in laterizio.
Dopo la ricostruzione il castello fu utilizzato come residenza estiva da Don Tiberio fino alla sua morte avvenuta nel 1873, all’età di soli 46 anni.
Dell’antico impianto originario rimangono le alte mura di cinta con i possenti bastioni con scarpa e toro di separazione, le bocche da fuoco a più livelli che seguono l’andamento del costone roccioso e alcune tracce di merli e feritoie. Vi sono, infine, due torri, una cilindrica merlata sul versante est e una angolare sul versante opposto. La porta d’ingresso, sovrastata da una caditoia, reca ancora lo stemma con l’epigrafe di Francesco Colonna che lo restaurò nel 1580 e conserva ancora la ghiera d’arco di pietra.
Nel 1943 Carlo De Blasio vi si rifugiò, quando Reggio venne bombardata dagli anglo-americani. Tra gli anni 1950-1960 Ferdinando, detto Nandino, utilizzò il castello nei mesi estivi con la moglie donna Noemi e i suoi figli. Don Nandino provvide a fare apportare dei piccoli restauri alla parte abitabile, che comunque risultarono insufficienti ad arrestare il progressivo deterioramento.
Il castello è stato dichiarato Monumento Nazionale dal Ministero dei Beni Culturali e oggi risulta in fase di restauro.
I calanchi di Palizzi sono delle formazioni rocciose bianche e friabili, che si estendono per circa 2 km lungo la costa ionica della Calabria meridionale, nel comune di Palizzi (RC). Si tratta di antichi sedimenti marini di età pliocenica (circa 2,5-5 milioni di anni fa), costituiti da gusci calcarei di piccoli organismi planctonici chiamati globigerine.
Questi sedimenti si sono depositati sul fondo di un mare chiuso e profondo (800-1000 metri), alternandosi a strati di argilla grigia. Con il tempo, l’erosione causata dalle acque meteoriche e dal vento ha modellato questi strati in forme bizzarre e irregolari, creando dei veri e propri canyon e pinnacoli.
I calanchi di Palizzi sono anche un’importante testimonianza della storia climatica della Terra, poiché i diversi colori dei sedimenti riflettono le variazioni delle temperature marine nel corso delle ere geologiche. Il bianco indica i periodi di mare caldo, quando si accumulavano i gusci dei micro-organismi, mentre il grigio indica i periodi di mare freddo, quando prevaleva il deposito di argilla.
Inoltre, i calanchi ospitano una flora e una fauna particolari, adattate alle condizioni aride e salmastre del terreno. Tra le specie vegetali più caratteristiche ci sono i “ponsai”, alberelli nani che crescono spontaneamente sulle rocce argillose, e il ginepro fenicio, una pianta aromatica usata fin dall’antichità per vari scopi. Tra gli animali si possono osservare lepri, volpi, ricci, lucertole e uccelli rapaci.
I calanchi di Palizzi possono essere visitati in qualsiasi stagione dell’anno, ma ci sono due momenti particolarmente indicati per apprezzarne la bellezza: il tramonto e il mezzogiorno. Al tramonto, infatti, la luce del sole rende i calanchi più dorati e sfumati, creando un’atmosfera romantica e rilassante. Al mezzogiorno, invece, i calanchi appaiono di un bianco abbagliante e quasi nevoso, richiedendo l’uso degli occhiali da sole per proteggere la vista.
Gastronomia
Palizzi fa parte all’associazione nazionale Città del Vino. Il territorio di Palizzi si distingue per la colture delle viti, dalle quali si produce un ottimo vino rosso che ha ottenuto il marchio IGT. Questo vino si può gustare nei caratteristici catoi della cittadina, denominata per l’appunto “città del vino”. Conosciuto e apprezzato in tutta la zona, il Palizzi è un rosso generoso, ottimo con gli arrosti, con pietanze tradizionali ed elaborate a base di sughi e carni di capra e di maiale, stufati, cacciagione, formaggi ben stagionati.