Comune di Bivongi

(Bivungi o Bigungi in calabrese, Bovonghè in greco-calabro, Bobbonges in greco-antico) è un comune italiano di 1218 abitanti della Città Metropolitana di Reggio Calabria. Situato nella vallata dello Stilaro, ai piedi del Monte Consolino.

Origini del nome

Il nome di Bivongi deriva dal greco Boβὸγγες, che vuol dire terra dei bachi da seta. Il termine però è traducibile anche come paese della produzione dei buoi o terra in cui si tempra il ferro, entrambi soprannomi più che validi vista la storia di questo paese.

Informazioni:

Sito istituzionale:

www.comunebivongi.it

La Storia

  • Età medioevale 
    Dai dati ricavati durante un’indagine archeologica del 1995 alla chiesa di San Giovanni Decollato si pensa vi sia stato un primo insediamento o Chorion già nel IX secolo. Il più antico nucleo abitativo di Bivongi è certamente Mangioni, alla destra del torrente Melodare (affluente dello Stilaro), termine del Basso Medioevo che indica, forse, la presenza di una mensa per i poveri offerta dell’antico Monastero-Chiesa di Santo Nicola (ufficiata fino al XIX secolo e successivamente sconsacrata, ora è, l’aula consiliare del comune), ivi presente. Essa fu poi sostituita dalla chiesa di San Giovanni Decollato, di cui si conserva solo la campana nella nuova chiesa matrice di San Giovanni Battista Decollato.
  • Età moderna 
    Nel 1535 nella Platea di Carlo V si ricorda per la prima volta la presenza a Bivongi del Monastero dei Sette Santi Dormienti di Efeso, in località Samponente, distrutto in parte nel 1922 per fare posto alla strada provinciale che porta verso Pazzano. Del XVII secolo dovrebbe essere il Monastero di Sant’Elia, periodo a cui risale l’unico suo affresco conservato fino ad oggi: la Madonna con il bambino in braccio e il profeta Elia e Giobbe inginocchiati ai suoi lati. Sempre al XVII secolo risale la Chiesa di Santa Maria (dell’omonimo rione) che rimane aperta fino al XVIII secolo. Nel 1782, durante il Regno di Napoli, nella Calabria inoltre, si attesta l’esistenza di 42 miniere in attività, di cui 23 per l’estrazione dell’argento misto a piombo. Bivongi, insieme a Stilo, Badolato, Longobucco e Reggio, era considerato un distretto argentifero. Le contrade in cui si estraeva il minerale erano: Raspa, Argentera, Costa della Quercia e Due Fiumare.
  • Età contemporanea
    In località Acque Sante nel 1850 nasce un centro di acque termali rimasto attivo fino al 1950; all’inizio del ‘900 fu affiancato da un albergo ora in restauro. Il geologo e mineralogista tedesco Gerhard vom Rath fa un viaggio in Calabria nel 1871 e ospite a Stilo il 7 aprile visita anche il paese di Bivongi. Nel 1913 fu costruita da Avvenire Spa la centrale idroelettrica Guida, prima centrale idroelettrica del Sud Italia; in attività fino al 1953. Nel 1917 la società Torelli e Re avvia delle ricerche per la Molibdenite a Bivongi. Nel 1922 viene avviata la costruzione della Strada provinciale che porta a Pazzano. Lungo il percorso, in località samponente, vengono in parte distrutti i ruderi del Monastero dei Sette Santi Dormienti di Efeso, ma le pergamene greche e gli affreschi ritrovati vengono inviate al Museo Nazionale di Reggio Calabria.

Nel 1926 lo Stato italiano costruisce la Centrale idroelettrica Marmarico, dismessa nel 1973.

Negli anni cinquanta viene edificato il nuovo cimitero di Bivongi sui ruderi della diroccata chiesa di Sant’Elia. Nel 1951 e nel 1972 è sommersa dall’alluvione. Tra il 1952 e il 1956 il comune restaura la chiesa di Santa Maria e viene saltuariamente riaperta al culto.

Arte e cultura

Territorio

Cascata del Marmarico (altezza 114 m, a circa 600 m s.l.m.)

La cascata si trova nell’alto corso della fiumara Stilaro, al vallone Folea denominato “salto di Marmarico”, che significa “lento” o “pesante”, probabilmente da l’impressione che l’acqua, seppure in perenne caduta, sembri apparentemente formare dei filamenti immobili. Un’altra possibile interpretazione è che il nome derivi da una parola sumera che significa “lucente” o “scintillante”, per la bellezza dell’acqua che riflette la luce del sole.  E’ la cascata più alta dell’Appennino meridionale con i suoi 120 m. E’ stata fatta conoscere ed immessa nel circuito turistico della vallata da Ernesto Franco. Le  cascate del Marmarico sono inserite dal 2011 tra le “meraviglie italiane” del progetto omonimo, nato in occasione del 150° dell’Unità d’Italia, di carattere turistico-culturale del Forum Nazionale dei Giovani.

Si tratta di un luogo di grande valore ambientale e paesaggistico, ma anche storico e culturale, visto che nelle vicinanze si trovano il Monastero greco-ortodosso di San Giovanni Theristis e la Villa Ferdinandea, residenza estiva del re Ferdinando II di Borbone.

E’ raggiungibile lasciando l’auto al ristorante “La Vecchia Miniera” di Bivongi (Contrada Perrocalli) e da li, gli 8 km di strada non asfaltata, assai dissestata, piena di buche e pietre appuntite, sono da percorrere esclusivamente noleggiando un fuoristrada (altrimenti usandone uno proprio, 40 minuti) oppure a piedi per circa 1 ora e 45 minuti. Strada facendo, oltre a frequenti segnali di colore rosso per la giusta direzione, vi sono due sorgenti d’acqua potabile, la prima a tre km dal ristorante e l’altra, dopo aver attraversato due ponti: uno stretto di ferro e cemento e l’altro piccolo di legno, 10 minuti prima d’arrivare alle cascate. Lungo il corso alto della fiumara Stilaro nei pressi della cascata Marmarico, nel territorio di Bivongi, sono presenti numerosissimi esemplari di Woodwardia radicans, una felce rara, che a fianco delle tante orchidee presenti nel comprensorio rendono la vallata dello Stilaro una tra le più interessanti aree italiane anche dal punto di vista botanico.

Parco Naturale Nicholas Green

Poco fuori dal paese, risalendo il fiume, in zona Vignali, si trova il parco Nicholas Green.  Il parco offre l’opportunità di trascorrere una giornata a contatto con la natura, tra il fresco degli alberi e il rumore dell’acqua limpida del fiume.  Il parco è munito di un ampio parcheggio. C’è il servizio di ristorazione con menù totalmente casarecci e genuini ed è possibile usufruire dei barbecue, tavoli e servizi igienici. Data l’estensione del suo territorio può ospitare fino a 1000 persone. Vicino al parco ed anche in molti altri posti lungo il fiume si possono trovare i laghetti, dove è possibile fare il bagno nelle fresche acque del fiume. Inoltre il Parco è tappa obbligata per chi volesse raggiungere i Bagni di Guida o le Cascate del Marmarico.

Bagni di Guida

E’ una località di Bivongi nei pressi della fiumara dello Stilaro, un tempo noto come “Acque Sante” per le sue proprietà mediche dovute ad elementi solfuro – alcalini. Se ne conosce un suo utilizzo fin dal 1870 ma erano note sin dal tempo dei bizantini e anche nel periodo pre-bizantino.

Artigianato

Tra le attività più tradizionali e rinomate vi sono quelle artigianali, che si distinguono per l’arte della tessitura, finalizzata alla realizzazione di coperte caratterizzate dai disegni, dai motivi e dai colori originali. Molto noto è inoltre il vino Bivongese, per il quale è stata istituita la zona di produzione d’Origine Controllata (DOC).

Monumenti e luoghi d’interesse 

  • Monastero Ortodosso di San Giovanni Theristis

 Fondato da Gerasimos Atulinos nella seconda metà dell’XI secolo, diviene in breve tempo il più fiorente cenobio greco della diocesi di Squillace, menzionato per la prima volta nel diploma di fondazione del 1096. Risale al 1100 l’imponente basilica (m. 29,10 x 11,20) bizantino-normanna dell’antico monastero, edificata nel XII secolo per volontà di Ruggiero II.

La struttura della chiesa è a croce greca con presbiterio tricoro e cupola impostata all’incrocio del transetto con la navata. In fondo all’edificio sacro vi è un piccolo vano quadrato che probabilmente aveva funzione di nartece. Si possono notare tracce di affreschi che testimoniano come l’intera basilica fosse completamente ricoperta di pitture.

Nel 1662 i monaci abbandonano l’antico monastero e si trasferiscono nel nuovo convento di Stilo dove furono traslate le reliquie dei santi teofori, Nicola, Ambrogio e Giovanni Theristis. Nel 1994 è stato il primo monastero ortodosso riaperto in Italia, divenendo residenza dei monaci-pellegrini provenienti dal Monte Athos.Dal 2007 ridiventa cenobio ed oggi vi risiede una stabile comunità monastica appartenente alla diocesi romena-ortodossa d’Italia che ha sede a Roma in Via Ardeatina.

  • Monastero SS. Apostoli

Le poche rovine del Monastero SS Aspostoli giacciono su una collina a circa un chilometro dal monastero greco ortodosso di San Giovanni Theristis. Si racconta che prima dell’anno 1000 questo monastero fosse una grancia cioè una fattoria con cappella annessa del monastero dell’arsafia. Con la venuta dei Normanni passò alla certosa di Serra San Bruno diventandone una succursale con lo scopo di amministrare Bivongi e Bingi (oggi sotto un unico comune). Bivongi rimase sotto i certosini per oltre 700 anni fino a che non divenne comune ed il vecchio monastero decadde. Oggi si possono visitare i pochi resti rimasti con una breve camminata che dalla strada portano fino ai ruderi.Consigliata una visita anche per godere del panorama che offre sulla vallata sottostante e sul paese di Bivongi!

  • Santuario di Maria SS. Mamma Nostra

La chiesa di Mamma Nostra è una chiesa del XVII secolo. La sua costruzione cominciò nel 1610 sulle fondamenta di una chiesa precedente demolita. La chiesa fu parzialmente distrutta durante il terremoto del 1783. Conosciuta fino al 1995 come chiesa di San Giovanni Decollato, dopo il restauro venne da quel momento dedicata alla Madonna con la denominazione di santuario di Maria SS. Mamma Nostra. La chiesa ha una pianta a croce latina. La facciata è di stile barocco. Di notevole interesse la statua in legno della Madonna Immacolata, opera dello scultore G. Picano (1782), formatosi nella scuola del famoso scultore napoletano Sanmartino autore a Napoli della celeberrima scultura del Cristo velato, conservata nella cappella San Severo.

  • Pinacoteca d’Arte Moderna e Contemporanea “AM International”

L’edificio è un fabbricato moderno appositamente destinato al museo. E’ composto da 3 piani fuori terra. Vi è una sala espositiva permanente al piano terra per un totale di circa 200 mt quadri. Al primo ed al secondo piano vi sono invece altre due sale dedicate ad esposizioni temporanee. Al primo piano la galleria, la sala conferenze, la biblioteca e gli uffici. Al secondo vi è una appartamento – studio per gli artisti residenti. Il tutto per un totale di 400 mt quadri. I materiali sono bene esposti ed illuminati da impianto a canali ad illuminazione centrale. Un’altra sala è invece illuminata a parete. Le opere sono corredate da didascalie in italiano. Nel 2006 è avvenuto un restauro interno dell’edificio. Le sezioni in cui è suddivisa la Pinacoteca sono le seguenti: Biblioteca, Collezioni Giovani Autori, Esposizione Sensi contemporanei in Calabria, Arte dell’Australia, il Grande Disco, Arte dell’Argentina, Arte dall’Italia e dall’Europa, Utopia.Nella biblioteca sono raccolti libri di pittura, scultura, architettura, design, manuali di storia dell’arte, cataloghi di mostre e riviste d’arte tutti consultabili.

  • Ecomuseo delle ferriere e fonderie di Calabria

A Bivongi nel 1982 fu progettato dall’Associazione Calabrese Archeologia Industriale (ACAI) ed è in via di attuazione l’Ecomuseo delle ferriere e fonderie di Calabria. Da alcuni anni il Comune di  Bivongi è intervenuto per restaurare e recuperare un’antica bocca di miniera, una centrale idroelettrica del 1913, due mulini idraulici, un’antica conceria già ferriera Fieramosca e una casa albergo annessa a uno stabilimento termale.

  • Mulinu do Furnu

Il mulino si trova a pochi minuti dal centro cittadino di Bivongi, ai piedi del Monte Consolino. Il mulino costituisce, insieme alla contigua Ferriera Fieramosca, una straordinaria testimonianza del passato industriale della vallata dello Stilaro. Realizzato nel XIII secolo dai circestensi, nel corso dei secoli, l’antico forno per l’argento fu trasformato in ferriera per produrre granate per l’esercito reale e, fino al sec. XVII, appartenne alla famiglia Fieramosca. Il mulino venne utilizzato fino al XVIII secolo per la frantumazione della galena, cioè, solfuro di piombo ricco di argento, che costituisce il principale minerale per l’estrazione del piombo, sfruttato fin dagli albori della civiltà. Sui resti della ferriera venne poi realizzata una conceria che rimase attiva fino agli anni ’50. Lo stabilimento in località “Argalìa” fondava la sua attività produttiva sul funzionamento del “forno”, utilizzato per la riduzione del ferro ma anche per la fusione dell’argento il cui minerale veniva frantumato nell’adiacente mulino. E di fatti “Furnu” (forno) è il termine che con il passaggio alla lingua volgare inizia ad individuare lo stesso opificio e la struttura molitoria attigua. Con l’acquisizione della struttura da parte dei cistercensi nel XIII secolo, lo stabilimento metallurgico do “furnu” si garantì i miglioramenti tecnologici introdotti dai “monaci bianchi”, avviandosi progressivamente, già durante il periodo della dominazione angioina, alla specializzazione nella produzione di materiale bellico per il governo. La fabbrica venne poi concessa in donazione nel 1524 a Cesare Fieramosca, e fece parte di fatto del primo polo siderurgico del Regno di Napoli.

  • Mulino do Regnante

Il mulino “do Regnante”, da poco restaurato, presenta la tipica condotta forzata, e secondo gli indirizzi progettuali dovrà a scopo didattico essere messo in attività, per tramandare alle generazioni future, le tecniche molitorie utilizzate in passato. Il mulino è uno dei pochi superstiti dei molti (18) attivi nella vallata dello Stilaro, tutti del tipo “greco” o “scandinavo”, per la posizione della ruota palmata posta orizzontalmente alle macine. Alcuni di questi, ben 12, vengono citati in alcuni documenti bizantini, e indicano  come a fianco di una industria minerarie e siderurgica, l’agricoltura, nella vallata dello Stilaro aveva anche il proprio peso.

  • Antica Ferriera e la Conceria

Nelle vicinanze, dalle poche tracce, si evince la presenza anche di una ferriera adibita alla produzione di cannoni e granate, ceduta da Re Carlo V nel XVI secolo al suo scudiero Cesare Fieramosca. Sopra i resti della ferriera è rimasta una conceria del 1900.

  • Centrale idroelettrica Guida
  • E’ l’unica centrale elettrica arrivata a noi fra le prime costruite in Calabria e risale al 1913. Fu costruita dai contadini di Bivongi e rifornì di elettricità tutti i paesi limitrofi fino al 1952. La struttura diverrà un centro di documentazione sull’utilizzo dell’energia idraulica nella storia.
  • Miniere di Bivongi

La miniera Garibaldi a Bivongi         

Le miniere di Bivongi sono tutte quelle miniere aperte che si trovano nel territorio del comune di Bivongi utilizzate  in passato soprattutto per l’estrazione di galena, molibdeno e altri minerali come la calcopirite.Fin dal tempo dei greci furono aperte miniere per l’estrazione dell’argento e altri minerali. Si è a conoscenza che l’antica città greca di Kaulon, nella vallata dello Stilaro, avesse una zecca in virtù del possedimento di miniere nell’entroterra per produrre gli Stateri in argento incusi. A testimonianza di ciò esiste una località nominata Argentera.Nel 1782 nella Calabria Greca esistevano 42 miniere, di cui 23 per l’estrazione dell’argento misto a piombo e Bivongi era considerato, insieme a Stilo, Badolato, Longobucco e Reggio Calabria, un distretto argentifero grazie alle contrade: Raspa, Argentera, Costa della Quercia e Due Fiumare.Già dal 1893 si venne a conoscenza della presenza di questo minerale nel territorio da parte di un certo Beccarla che lavorava nei campi durante la scoperta. Nel 1917 la società Torelli e Re avvia delle ricerche per la Molibdenite a Bivongi. Nel 1939 fu invece la volta della Breda che in quel periodo ricercava lo stesso minerale. Iniziò così l’apertura di ben 60 miniere e non solo a Bivongi, ma anche a Stilo, Placanica, Guardavalle, Caulonia e Nardodipace. Con la seconda guerra mondiale si sospesero i lavori; la Breda, nonostante avesse richiesto il permesso di riprendere l’attività al ministero dell’Industria e del Commercio e ciò gli fu consentito, non riprese alcuna attività. Sull’operato della Breda alcuni minatori ebbero da ridire, e rimangono tuttora un mistero le vicende legate allo sfruttamento del minerale da parte di quell’impresa nel territorio calabrese. Nel 1948 il Centro Studi Silani studia nuovamente la possibilità di riprendere l’estrazione mineraria e nel 1951 si costituisce La mineraria calabra, creata dalla  Montecatini e dall’Ente Sila ma anche quest’ultimo tentativo andò a vuoto.

  • Albergo Acque sante
  • Fu costruito nei primi del Novecento vicino allo stabilimento termale delle “Acque sante”, (di natura alcalino  solforosa), costruito invece intorno al 1850. Sia l’albergo che il centro termale rimasero attivi fino al 1950 e oggi verranno recuperati come centro di servizio dell’ecomuseo.

Edifici di cui c’è ancora bisogno di un progetto di recupero:

  • Ferriera Arcà
  • Ferriera Azzarera
    Ferriera del XVII secolo
  • Villaggio siderurgico
    Villaggio del XV secolo, sito in località Chiesa Vecchia, con resti di altiforni e altri macchinari collegati alla lavorazione siderurgica.
  • Centrale idroelettrica Marmarico
    Costruita nel 1926.