Cinquefrondi (Cinqufrùndi oppure Cincrùndi in calabrese) è un comune italiano di 6244 abitanti della Città Metropolitana di Reggio Calabria. Si trova ai confini della piana di Gioia Tauro, a un’altitudine di 257 m s.l.m., e dista circa 70 km da Catanzaro e 50 Km da Reggio Calabria. Il suo territorio ricade in quello del Parco Nazionale dell’Aspromonte. Fu distrutta dal terremoto del 1783.
Origini del nome
Il nome deriverebbe dalle 5 torri che cingevano la fortificazione difensiva. Il conte di Gerace Antonio Caracciolo, entra in possesso della baronia di San Giorgio, grazie alla Regina Giovanna I, in seguito compro due casali Mossuto e Capperano, tra il 1370 e 1389 unifico cinque villaggi, alla quale diede il nome di Quinquefrondium (Cinquefrondi).
Informazioni:
Sito istituzionale:
www.comune.cinquefrondi.rc.it
La Storia
Le origini del sito sono descritte soltanto da fonti di tradizione orale e per lo più leggendarie, le quali parrebbero indicare che prima dell’insediamento urbano, all’epoca della Magna Grecia, nacquero due templi pagani, mentre la cittadina sarebbe sorta dopo, già in era cristiana. Uno dei due templi era dedicato alle Muse, sui resti dell’altro sarebbe invece sorta, secoli dopo, l’attuale chiesa del SS. Rosario.
Il tempio delle Muse diede anche il nome, per un certo periodo, alla cittadina, chiamata infatti in latino Templum Musarum.
- Età Feudale
Nel XIV secolo Cinquefrondi faceva parte del feudo di Anoia comprendente le vicine Grotteria, Maropati, Tritanti, Galatro e Plaesano, e assegnato alla famiglia Caracciolo. Nel XVII secolo è attestato l’uso del titolo di marchese di Cinquefrondi, che in quel periodo era della famiglia Pescara. La famiglia Giffone, che ottenne il titolo di Marchese di Cinquefrondi nel 1611, nel 1580 aveva fondato (con facoltà di papa Gregorio XIII) il monastero dei Padri osservanti francescani e nel 1965 la chiesa di Santa Maria del Soccorso.
Nel 1703 fu data alle stampe una pubblicazione storica che raccoglieva informazioni sulla città a partire dalle sue origini.
- Dal sisma del 1783 ad oggi
Nel 1783 si ebbe la distruzione del paese ad opera del terremoto. Più fonti tramandano che il casale di Giffuni e il torrente Giffuni scomparve, mentre apparve un laghetto.
Nel XIX secolo la città faceva parte della diocesi di Mileto. Nel 1899 lasciò il paese l’anarchico Giuseppe Condò, il quale emigrò per l’Argentina ove assunse il nome di Josè Martine; qui, nel 1903, prese parte ai tumulti legati alla proclamazione dello stato d’assedio, e in tale circostanza ebbe a pugnalare un poliziotto. Fu riconosciuto insano di mente e avviato verso un manicomio criminale, dal quale fuggì per rimpatriare in Calabria. Tornò in Argentina poco dopo, ma nel 1911 fu accusato di fabbricazione di materie esplodenti, processato, riconosciuto innocente, ma espulso. Tornato di nuovo a Cinquefrondi, nel 1913 ne ripartì clandestinamente (non avendo passaporto) stavolta in direzione di New York, ove riprese la militanza anarchica.
Nel 1921 l’archeologo Vincenzo De Cristo (originario di Cittanova), forse su indicazione di Paolo Orsi (che ne aveva suggerito la nomina a regio ispettore onorario di Scavi e Monumenti), intraprese operazioni di escavo.
Il territorio
- Adagiata sulle lussureggianti pendici aspromontane dell’alta Piana di Gioia Tauro, Cinquefrondi fa da cerniera tra lo Jonio e il Tirreno, grazie alla strada a scorrimento veloce che penetra nel suo territorio sovrapponendosi su un antichissimo sentiero tracciato dai Greci di Locri quando si affacciarono su questa parte della Calabria scoprendola essere abbondantemente ricca. Almeno due erano le antiche vie di collegamento che attraversavano l’attuale territorio di Cinquefrondi utilizzate dai Locresi per spingersi verso le colonie di Medma (l’attuale Rosarno), Metauros (oggi Gioia Tauro) e Hipponion (Vibo Valentia). Una città quella di Cinquefrondi, che oggi sembra una terrazza sulla piana alla cui estremità si elevano impetuose le grandi gru del porto di Gioia Tauro, speranza di sviluppo per il territorio. Tutto intorno un’immensa distesa di uliveti e di verde garantiscono un clima mite che avvolge una terra ricca di bellezze naturalistiche e storiche. Qui i Locresi, intono al V secolo a.C. realizzarono una specie di avamposto lungo uno dei tragitti che dallo Jonio portano al Tirreno. Oggi la città che sorge a 257 metri sul livello del mare si presenta accogliente con ampie strade e nuove opportunità di sviluppo urbano. Il territorio circostante collinare di quasi 30 chilometri quadrati penetra trai monti della Limina nel territorio del Parco Nazionale d’Aspromonte tra immense distese di faggeti e pinete che rappresentano una ricchezza ambientale da conservare e custodire oltre che luoghi ideali di relax per gli amanti della natura che possono ammirare e godere di lussureggianti anfratti ricchi di ruscelli, di flora e di fauna propri della zona aspromontana. Tra le specie uniche presenti nel territorio montano in ambienti umidi vi è la felce tropicale “Woodwardia Radicans” che ancora si conserva dopo milioni di anni. A valle del territorio montano trova facile sviluppo l’olivicoltura e l’agrumicoltura che ha rappresentato la principale attività economica insieme ad un floridissimo artigianato. Caratteristica di questo settore è stata la ampissima presenza di addetti dediti alla concia delle pelli e alla fabbricazione di calzature che ne ha contraddistinto per oltre un cinquantennio la stessa identità produttiva della città.
Arte e cultura
Monumenti e luoghi d’interesse
- Chiesa Matrice San Michele Arcangelo
La Chiesa Matrice di Cinquefrondi è il punto di riferimento della vita religiosa nella cittadina reggina. Sulla sua prima edificazione si hanno notizie molto poco attendibili: i primi documenti degni di nota, infatti, sono relativi alla seconda metà del Cinquecento, quando la Chiesa, dedicata oggi a San Michele Arcangelo, era già esistente. Il fortissimo sisma del 1783, però, distrusse completamente tutta la struttura, che ospitava allora la Confraternita del Crocifisso. Ma gli abitanti di Cinquefrondi non si persero d’animo e ricostruirono completamente la Chiesa Madre grazie al contributo, spesso spontaneo, di molti tra i migliori artisti ed artigiani del Reggino. La Nuova chiesa si caratterizza per uno stile baroccheggiante ma al contempo piuttosto sobrio, con un’ampia scalinata che ne sottolinea lo sviluppo verticale e l’imponenza strutturale. Molto interessante la facciata a spioventi che, seppur segnata dal passaggio del tempo, presenta un bel portale scavato nella pietra con una serie di archi a tutto sesto la cui forma è richiamata dalle decorazioni delle finestre e dei punti luce sia della chiesa che della vicina torre civica. All’interno troverete l’altare di San Michele Arcangelo e quello della Madonna delle Grazie. Molto importanti anche la statua dell’Arcangelo, opera del serrese Vincenzo Scrivo, la statua di Santo Stefano in marmo d’alabastro e numerose altre testimonianze artistiche di maestranze locali, alcune delle quali oggetto di rinnovato interesse negli ultimi tempi.
- Chiesa di Maria Santissima del Carmine
La chiesa di Maria SS. del Carmine, sede dell’omonima Confraternita fondata nel 1771, sorge sul luogo di una preesistente cappella dedicata a San Sebastiano, al quale è dedicata la tela raffigurante il martirio del Santo, posta sul soffitto della navata destra. I tre ingressi del prospetto principale, concluso da un frontone mistilineo e decorato da rosoni e rilievi, si affacciano su via Vittorio Emanuele III. Ai lati della facciata è una coppia di campanili coperti da cupolette. L’interno dell’edificio, a tre navate, è arricchito da decorazioni in stucco e da dipinti. Esso conserva, inoltre, un crocefisso ligneo del XVII secolo e altre opere d’arte.
- Chiesa di Maria Santissima del Rosario
La chiesa del Rosario, la più antica di Cinquefrondi, si trova nel centro storico del paese. Inizialmente intitolata a San Leonardo, di cui vi si conserva una reliquia, venne in seguito dedicata alla Madonna del Rosario per la presenza dell’omonima Confraternita.
Si tratta di una piccola costruzione in muratura mista di pietrame e mattoni, a navata unica, la quale nel corso del tempo è stata più volte rimaneggiata, fino ad assumere l’aspetto attuale. Il prospetto principale, ripartito da semplici lesene, presenta ai lati del portale due basamenti in granito, che, secondo la tradizione, proverrebbero da un preesistente tempio pagano. La semplicità della facciata contrasta con la ricchezza dell’interno, ornato da rilievi in stucco e dipinti.
- Il Monastero
Intorno al IV secolo fu eretto un monastero di monaci basiliani che, abbandonato nel VII secolo, fu in seguito riutilizzato episodicamente sino al 1783 quando il terremoto lo distrusse radendo al suolo la città. Il monastero dovette essere verosimilmente intitolato a San Filippo d’Argirò, nome con cui è noto oggi e al quale erano intitolati altri edifici analoghi a Pellaro e a Gerace e il fiore riferisce che nel 1436 sarebbe stato ristrutturato da Franca d’Anoja con breve di papa Eugenio IV. La stessa fonte soggiunge che assunse il nuovo titolo di San Filippo e San Giacomo, passando ai Riformati nel 1596.
- Torre Civica
La Torre Civica di Cinquefrondi è uno dei simboli della città e sorge accanto alla Chiesa Madre di San Michele Arcangelo. Edificata negli Anni Trenta del Novecento su progetto del messinese Antonino Galatà, la Torre dell’Orologio (detta anche Torre Littorio in epoca fascista) presenta uno stile leggermente gotico con evidenti richiami agli stilemi della chiesa adiacente. Restituita recentemente al suo antico splendore, la nuova Torre Civica di Cinquefrondi si caratterizza per una grande cura dei dettagli che, grazie alla base quadrata, rimandano inequivocabilmente alle torri di guardia dell’antico castello cittadino, le cui mura di cinta erano delimitate da cinque torri che secondo qualcuno furono all’origine del toponimo “Cinquefrondi”.
- Casa della cultura
La Casa della Cultura di Cinquefrondi, inaugurata nel Marzo del 2016, ha sede nei locali dell’ex Palazzo Municipale e vanta importanti fondi archivistici che costituiscono il cuore espositivo delle sale dedicate alla vita e alle opere del poeta Pasquale Creazzo e del musicista e compositore Carlo Creazzo.
Gli antichi arredi municipali, recuperati e riadattati per lo scopo, contengono opere ed elaborati prestigiosi, a partire dal ricco fondo culturale della famiglia Creazzo, il secondo per importanza del Sud Italia, con opere e produzioni dell’ingegno musicale del maestro Carlo e con studi, reperti e manoscritti del poeta Pasquale e manoscritti del fondo Tropeano. Nelle raccolte vi sono inoltre numerosi manoscritti anonimi di musica prevalentemente sacra composta per ricorrenze e festività locali, come per esempio, la cantata “Alme belle in questo giorno” scritta espressamente per la festa patronale di San Michele ed eseguita per la prima volta in tale occasione nel 1784, cioè l’anno dopo il devastante terremoto del 1783 che distrusse Cinquefrondi. La “Casa della Cultura” è un punto di riferimento per tutte quelle persone che qui si incontrano nel rispetto della diversità di opinioni ed esperienze.
Aree Naturali
- Parco Peppino Impastato
Spazio verde situato sul Viale Matteotti intitolato a Peppino Impastato, un’importante figura del giornalismo e della lotta alla mafia ucciso a Cinisi (PA) il 9 maggio del 1978. La morte di Peppino Impastato viene ricordata ancora oggi e il giornalista è oggi un simbolo della legalità.
- Sentieri ed escursionismo
Il Sentiero delle Muse: si tratta di un percorso che si snoda per circa 10 Km dal centro storico di Cinquefrondi, dal punto in cui rimane qualche vestigia della Porta medievale, in Largo del Tocco, fino a metà del corso della fiumara vestigia della fiumara Sciarapotamo (fiume ombroso) per poi ritornare al centro e dirigersi verso la zona dei campi .
Il Sentiero dei Canali: si parte dalla località Curtagliella (785 m s.l.m.), nelle vicinanze della Casermetta Forestale di Cinquefrondi, sulla strada provinciale 5 (ex SS 281) in direzione Piani della Limina.
Tradizioni e folclore
- Festa patronale di San Michele arcangelo
È la festa del patrono di Cinquefrondi e si tiene insieme a una fiera che dura tre giorni e occupa il centro cittadino. La parte religiosa della festa comprende la processione al seguito della statua della Vittoria dell’arcangelo Michele su Satana, opera di Vincenzo Scrivo.
- Festa di San Rocco
La ricorrenza cade la seconda domenica del mese di settembre, ed è preceduta da una novena. Durante la novena i bambini vanno questuando con vassoi istoriati con icone del santo, per sollecitare offerte con cui si finanzia lo spettacolo dei fuochi d’artificio. Tradizionalmente, sui marciapiedi e negli spazi antistanti le case si realizzano i cosiddetti “deserti”, consistenti in sorta di ripari di tavole e pali che hanno un rivestimento interno fatto di canne intrecciate con piante di fiume; nei “deserti”, cioè all’interno degli spazi così delimitati, si raffigurano alcune tappe di rilievo della vita di san Rocco (il ritiro in una grotta, la sorgente miracolosa, la cura degli appestati, il carcere, la chiesa). Talora i bambini vi figurano vestiti da carcerati o da ammalati. Si tiene anche una processione in cui alcuni fra i partecipanti hanno il capo coperto dai “pajjaredi” (o “spinati”), che consistono in campane di spine, a forma di pagliaio; questi fedeli seguono il percorso a piedi scalzi. Alla vara del santo vengono attaccati nei giorni precedenti abiti nuovi, portati dai fedeli che nella sacrestia si rivestono con abiti di tutti i giorni; dopo la processione gli abiti sono ricomprati dai loro donatori, per lo stesso prezzo per il quale sono stati realmente pagati. Vengono inoltre offerti anche altri doni o ex-voto, portati in processione sulla statua. Alcuni fedeli accompagnano inoltre la processione suonando la zampogna