Gioiosa Ionica o Gioiosa Jonica (‘A Gejusa in calabrese,Geliosa in greco-calabro) è un comune italiano di 7049 abitanti della città metropolitana di Reggio Calabria in Calabria.
Cittadina situata nel cuore della Locride, a metà strada tra Reggio Calabria e Catanzaro, è situata a 120 m sul livello del mare.
Origini del nome
Sul nome di Gioiosa gli storici non si trovarono mai d’accordo, ma l’etimologia più probabile della parola pare sia quella che deriva dal greco Ghe (“terra”) e Eliose (“solatia”). Dunque “Geliosa” (o “Geoliosa”) vale a dire “terra solatia”, “città del sole”.
Informazioni:
Sito istituzionale:
www.comune.gioiosaionica.rc.it
La Storia
Dal mar Jonio, giungendo da oriente, vennero i Greci, verso il VI secolo a.C., e fondarono numerose colonie sulle coste della Sicilia e della Calabria, unendosi alle antiche popolazioni locali dei Siculi, dei Bruzi e degli Italioti. Portavano con se l’arte, la cultura, la grandezza dell’Ellade e le fertili ma incolte e barbare regioni fiorirono di una grande civiltà: era la Magna Grecia,che ad un tratto si trovò più florida e potente della patria d’origine.
Ma verso il 210 a.C. le colonie greche caddero sotto i Romani e divennero a tutti gli effetti province di quel grande impero che dominava il mondo. Sulla costa ionica, tra le città greche di Caulonia e Locri, di cui restano imponenti rovine non ancora del tutto riportate alla luce, sorse Mystia nella valle del torrente Torbido che in quel tempo era in parte navigabile e offriva un sicuro porto interno per le piccole navi del commercianti greci, fenici e africani. Ed ecco che all’antica civiltà greca si sovrappose quella romana.
Restano di quell’epoca imponenti testimonianze tra cui il Teatro, ancora oggi utilizzato per importanti manifestazioni culturali, e il Naniglio, che sorge in una zona anticamente chiamata “li Bagni”.
Nel 986 l’antica Mystia fu distrutta dalle orde saracene che si abbatterono sulle coste depredandole e saccheggiandole. I pochissimi superstiti fuggirono verso l’interno e, a circa un miglio dalla vecchia città, su un inaccessibile sperone roccioso (che molto bene si prestava alla difesa) fondarono Mocta Geliosa. Furono costruite torri di avvistamento e difesa che, dal mare, a poco più di un miglio di distanza, una dall’altra, salendo verso Gioiosa, permettevano di segnalare per tempo l’arrivo del nemico. Il casale di Geliosa venne anch’esso incluso nel feudo di Grotteria. Fu sottoposto perciò alla signoria di nobili e potenti, appartenne ad Alberico Piscicella (un avventuriero assurto ai fasti della Signoria locale per meriti militari) nel XIII secolo (1194-1265) e ai Carafa di Roccella (1501-1558). Per lunghi secoli sottoposta alla giurisdizione territoriale, politica, amministrativa, giudiziaria, fiscale e perfino religiosa della vicina Grotteria, Motta Giojosa costituì una borgata priva di autonomia. Al periodo aragonese risale la costruzione, o ricostruzione, del più vistoso monumento che oggi possegga Gioiosa Ionica, il poderoso Castello Aragonese, uno dei più belli. Situato in un punto alto, sulla rupe rocciosa l’imponente monumento che costeggia il torrente Gallizzi, a notevole altezza, vista panoramica la sua terrazza che domina la cittadina, circondata dai vicoli il suo accesso la ‘Porta Falsa’. L’epoca di costruzione risale al 1200 circa. Sino alla morte fu abitato dal Marchese Corrado Pellicano.
Arte e cultura
Monumenti e luoghi d'interesse
Architetture religiose
Artistico Oratorio (uno dei più belli e ricchi della diocesi), di puro stile neoclassico, fondato nel 1881 e aperto al culto il 31 dicembre 1889. Esterno di architettura neoclassica, con sagomature a modanazione curvilinea e spezzata. Interno ad unica navata, con pianta a croce greca. Pronao neoclassico, decorato dall'artista locale Luigi Hyeraci. Abside (autentico gioiello) e navata artisticamente decorate, a stucchi ed oro, dal valente decoratore Francesco Gangemi, da Seminara; transetto sormontato da cupoletta, con affreschi di scarso valore artistico; bell'altare maggiore, in marmi policromi, con tabernacolo e fastigio pure marmorei (altare privilegiato con Bolla Pontificia del 15 dicembre 1918). Artistica cappella dell'Addolorata (pure opera dell'artiere municipale Luigi Hyeraci), con bellissimo gruppo raffigurante La Pietà, superga opera lignea ottocentesca (a.1862) scolpita a tutto tondo e a tutte figure dell'artista grotterese Giuseppe Cavaleri; ricco ostensorio, in oro e argento, finemente decorato, pregevolissima opera d'arte di toreutica dello scultore polistenese Francesco Jerace (a. 1932); monumentale organo a 22 registri e 1400 canne. Nella canonica, S. Michele Arcangelo, pregevole dipinto cinquecentesco, su tela, opera di autore ignoto, proveniente dal distrutto convento Basiliano dell'Annunziata (dono del marchese Massimo Pellicano).
La chiesa Matrice è il più antico luogo di culto urbano di Gioiosa Ionica, edificato su una rupe non lontana dal castello. Ricostruita malamente negli anni 1930, possedeva importanti opere d'arte, tra le quali tele esposte a Palazzo Amaduri. Possiede ancora oggi pregevoli altari del XVIII secolo, fra i quali quello del Santissimo Sacramento, realizzato nel 1756. Questa chiesa possiede 13 statue raffiguranti: San Giovanni Battista, San Vito, Sant'Antonio da Padova, San Giuseppe, Maria SS. del Carmelo, l'Immacolata Concezione, l'Addolorata, il Cristo Morto, Maria Assunta, San Francesco d'Assisi, Gesù redentore, l'Ecce Homo e Sant'Alfonso. Per le reiterate sue ricostruzioni, i ripetuti ampliamenti, le varie rielaborazioni, i continui rifacimenti e restauri, non sempre di buon gusto, può considerarsi la più travagliata delle Chiese della diocesi. Nel 1810, la Cattedrale venne ancora ingrandita, ad opera dell'Arc. D. Giuseppe Maria Pellicano (futuro vescovo della diocesi), con l'aggiunta di una quarta nave; e maggiormente ampliata lo fu nel 1858, in cui, a cura dell'Arc. Michele Correla Santacroce, venne ancora aggiunta una quinta navata, divenendo così la più vasta chiesa della diocesi, dopo la Cattedrale di Gerace. Attualmente la chiesa è in restauro.
Edificio nuovo. La sua ricostruzione (nuova chiesa del Rosario), su area poco distante da quella precedente, realizzata tra il 1929 e il 1932 anno che fu aperto al culto il giorno 29 settembre. È dotata di abitazione per il Rettore, di Centro Sociale e di Asilo.
Si tratta di un piccolo oratorio ed è chiusa al culto, si trova vicino alla chiesa di S. Nicola e a Palazzo Ajossa.
Fondato nel 1594 e sorge nell'omonima contrada, di fondazione basiliana tardo-medievale, già romitorio dei Basiliani. Non molto lontano dalla chiesa, e nella stessa contrada, in piena zona archeologica, sorgeva un tempo anche un Convento Basiliano, omonimo, oggi non più esistente. La Chiesa fu edificata sopra i ruderi di una precedente Chiesa dell'Annunziata denominata Santa Maria di Maratà. La chiesa tutt'oggi conserva un'importante tela.[3]
Fondata nel 1571, durante il Vescovado di Mons. Pasqua. Chiesa di fondazione rinascimentale, di notevole importanza. Sorge a fianco al Palazzo Amaduri e fiancheggia la chiesa di San Rocco. Attualmente si presenta in un totale abbandono.
L'omonima Chiesa è in località Prisdarello, a valle del monte S. Andrea, tra i culti esistenti è l'ultimo realizzato nel territorio, per dare la possibilità alla frazione di assistere agli appuntamenti religiosi. La struttura è di costruzione modesta.
Anch'esso sorge nell'omonima contrada, in zona archeologica. Nel 1973 fu devastata da un fortuito incendio e sulle sue rovine fu eretta la nuova costruzione della chiesa-santuario, completata nel 1975. «Oratorio suburbano, fondato in età bizantina e rifatto in periodo rinascimentale, su sostrato edilizio di età classica, nella zona archeologica della presunta Mystia, sulla sponda sinistra del fiume Torbido;Madonna delle Grazie, scultura litica romanica arcaicizzante figurata a bassorilievo, opera di autore ignoto (prob. artiere provinciale), di tarda età medievale (sec. XV). Alla base della icona, iscrizione aecaica, obliterata da altra iscrizione sovrapposta di età recensione»[8][9]
Sotto l'attuale titolo di S. Nicola di Bari fu eretto edificio di culto nel 1826. Sui ruderi della chiesa di S. Maria delle Grazie, crollato con il cataclisma sismico del 1783. La chiesa, danneggiata dal terremoto del 7 maggio 1928, fu restaurata fra il 1930 ed il 1934. Pregevole è il suo altare maggiore, marmoreo, a tarsie policrome, ricostruito con pezzi di riporto dell'altare dell'antica chiesa.
È dedicato e intitolato a San Rocco, eletto patrono del comune, con breve pontificio del 28 marzo 1775, in sostituzione dell'antica protettrice Santa Caterina d'Alessandria. La fondazione dell'edificio, di proporzioni modeste nella sua versione originaria, risale agli inizi del XVII secolo. Successivamente, nella seconda metà del secolo, la chiesa venne ampliata, a cura di Salvatore Furfaro e riaperta al culto il 13 febbraio 1672. Lasciata per lungo tempo in abbandono, nel 1745 venne restaurata, a cura dell'Arc. Vincenzo Misuraca; il 24 dicembre 1829, con bolla del vescovo Giuseppe Maria Pellicano venne elevata a parrocchia; il 24 maggio 1840 venne consacrata, ad opera del vescovo Luigi Maria Perrone; nel 1857 venne rimaneggiata in stile neoclassico. Anche negli ultimi due secoli, la chiesa ha subito dei restauri.
Durante la processione di San Rocco, in particolare quella dell'ultima domenica di agosto che raccoglie migliaia di fedeli, è caratteristico e spettacolare il ballo di San Rocco; una danza collettiva condotta al ritmo dei tamburi, carcasse, tamburelli e organetti che riesce a coinvolgere e trascinare ogni partecipante per le strade della cittadina fino alla fine della interminabile processione.
Edificio eretto nel Cinquecento con titolarità della patrona della città, e a parrocchia nel 1613, nel 1783 crollato con il terremoto, riedificato nel 1799 (a cura del Parroco D. Giuseppe Pellicano), danneggiato dal cataclisma sismico del 1908 e restaurato in belle forme nel 1930 (anno in cui venne riaperto al culto). Nuovamente danneggiato dai nubifragi nel 1951, venne riparato nel 1955. S. Caterina d'Alessandria: statua lignea scolpita a tutto tondo e a completa figura, opera dello scultore Giovanni Bonavita (attivo tra il 1723 e il 1742).[3]
Architetture civili
Palazzo nobiliare edificato nel XVIII secolo dalla famiglia omonima. La sua progettazione è, comunemente attribuita al Vanvitelli; il palazzo presenta una parte aggiunta nel XVIII secolo che ha caratteristiche proprie dell'architettura vanvitelliana, o comunque, delle dimore barocche. Oltre alla facciata con il portale, le decorazioni e i particolari settecenteschi, conserva, all'interno, la divisione degli ambienti originari e ampie tracce dei dipinti e della pavimentazione con maioliche napoletane del XVIII secolo.
Palazzo Amaduri fu costruito nel XV secolo come residenza della famiglia nobile dei Condercuri. Estintasi la casata nel 1694, il palazzo fu ereditato dalla famiglia Amaduri, la quale, con lavori che si protrassero fin oltre la seconda metà del XVIII secolo (secondo la datazione sul portale), lo fece ampliare. Attualmente è di proprietà del comune. E' sede dell’Archivio Storico, dell’Ufficio Europa della Locride, della Biblioteca cittadina (che conta circa 6500 volumi) e della Pinacoteca Amaduri. Quest’ultima è ospitata nell’ala settentrionale dell’antico palazzo al centro di Gioiosa e ospita, oltre a moltissime tele risalenti al periodo XVII-XIX secolo, una tela dell’artista Mattia Preti intitolata “La Regina Tomiri e la testa di Ciro il Grande”.
Antico Palazzo costruito alla fine del Cinquecento dai Baroni Linares D'Aragona. Complesso edilizio di notevoli dimensioni, dotato di un grande giardino, di un portale bugnato seicentesco e caratterizzato da numerosi ambienti di grandi dimensioni, alcuni dei quali conservano la pavimentazione originale. L'edificio si eleva su tre livelli: scandita da lesene è la facciata principale e corredata di balconcini con ringhiera decorata da colonnine in muratura. Un'ampia loggia e piccole lunette decorative sovrastanti si presenta il terzo piano e il piano terra ampio per esercizio commerciale. Il palazzo è notevole sulla via Cavour con un portone, parte dell'edificio e il portone principale ad arco è sul vico Pagano dove si trova anche il giardino. All'edificio, che conserva parte degli arredi originari, si accede per mezzo di un sobrio portale ad arco nel centro storico di Gioiosa.
È il più grande edificio privato situato nel borgo medievale gioiosano, all'interno delle mura di cinta. Il palazzo sorge in particolare su un ampio tratto della muraglia di Gioiosa Ionica. Nel livello inferiore del palazzo sono ancora visibili i muri perimetrali della fortificazione ed il camminamento di ronda. Vi si accede da un portale granitico realizzato nella seconda metà del XVIII secolo, quando furono effettuati i lavori di ristrutturazione che hanno conferito al palazzo l'aspetto odierno, trasformando gli originari due corpi di fabbrica di età basso-medievale (XV secolo). Su di un bastione, ancora esistente, poggiava un lato della porta Barletta. Il palazzo è caratterizzato da oltre quaranta ambienti, una biblioteca storica ed un archivio privato storico riconosciuto di interesse nazionale della Sovrintendenza ai Beni Archivistici.
Palazzo Ripolo-Girardis è un antichissimo edificio d'origine medievale, costruito ed integrato nella cinta muraria, di proprietà delle famiglie Ripolo e Girardis, nobili famiglie Gioiosane.
Situato in via Cairoli n. 41, percorso che porta al Castello Aragonese da Piazza Plebiscito, artistico e magnifico è il portale lapideo barocco seicentesco. Ai lati dei piedritti del bugnato, figure di due Sirene. L'edificio nel corso degli anni ebbe diverse modifiche. Il casato dei Deodino-Teotino ha, in Gioiosa, elementi superstiti nella famiglia Totino.
Palazzo Zarzaca è un monumentale edificio che sorge al largo della chiesa Matrice, caratterizzato dalla presenza di due caratteristiche logge barocche complete di originaria inferriata. Fu costruito dalla famiglia Zarzaca; passò successivamente ai Pellicano Spina, i quali lo ristrutturarono nel 1795, come riporta la data scolpita sul portale. Antica e nobile famiglia, che godette nobiltà ed ebbe il suo seggio in Castelvetere. Il casato ebbe radici anche in Gioiosa, pertanto può considerarsi anche gioiosana.
Architetture militari
La cinta muraria racchiude tutto l'antico abitato sin dal XV secolo. Essa è stata costruita fra il 1437 ed il 1455. È molto suggestiva e presenta, lungo il suo corso, archi, camminamenti di ronda, ecc. Successivamente molti palazzi hanno utilizzato la muraglia come base d'appoggio per le proprie fondamenta.
Il castello normanno, altresì chiamato Castello Bizantino e Castello dei Carafa, sorge a strapiombo lungo il corso della fiumara Gallizzi, a cinque chilometri dalla costa, sulla sommità del promontorio roccioso dove nel corso dei secoli ebbe inizio lo sviluppo dell'abitato gioiosano. Il castello è a pianta più o meno triangolare e presenta due torri dislocate agli angoli esposti ad oriente e occidente. L'ingresso è posto sull'antico fossato, presso la parete meridionale, e immette in un lungo corridoio che separava le due ali del complesso, l'orientale e l'occidentale. A tale ingresso si accede attraverso un ponte in muratura con annessa scalinata.Al di qua del fossato si trova un edificio signorile che a partire dalla metà del seicento è stato adibito a palazzo baronale e dimora del feudatario. L'ultimo tratto di strada pubblica che conduceva a tale abitazione e allo stesso castello venne recintata da un muro trasversale edificato ai piedi della torre orientale nel quale si inserì un ampio portale corredato da un cancello cancello. Lungo la vecchia strada venne realizzato un giardino e il fossato fu trasformato in un cortile che costruì il raccordo tra i ruderi della fortificazione e il palazzo baronale. La costruzione del castello è collocabile durante il periodo svevo (1194-1265) o nei primi decenni del dominio angioino (1266-1443). Il castello, appartenuto alle famiglie Caraccciolo e Carafa, dalla fine dell'ottocento è di proprietà dei marchesi Pellicano.
È una fontana civica a cinque bocche dalle forme monumentali costruita nel 1822 durante il regno di Ferdinando I° di Borbone. È caratterizzata da pregevoli vasche in granito e da muratura rivestita di travertino. L’aspetto del monumento presenta spiccate forme neoclassiche con timpano triangolare su colonne.
Siti archeologici
Il Naniglio è un imponente e suggestivo edificio ipogeo di età romana imperiale (II-III secolo D.C.).
Naniglio” deriva dal greco e vuol dire “Tempio del Sole” (Naòs tu ìliu).
L'accesso è assicurato mediante una scaletta elicoidale a spirale; l'edificio è costituito da tre ambienti contigui di diversa grandezza.
Il maggiore di questi è situato proprio sotto il manto stradale della SS. 281, è coperto da volte a crociera, e presenta un lucernario centrale; le volte sono sorrette da otto poderosi pilastri quadrangolari, disposti su doppia fila e su di esse, era impostato il pavimento (sulla quale sorgevano i vani nobili della villa).
Due vani minori, il primo è sormontato da una volta a botte, munita di lucernario circolare centrale; il secondo con due lucernari circolari di grandezza diversa, in questa stanza è situata un'edicola in cotto che presenta i residui di un elegante frontone, si trattava di un Ninfeo, cioè di un luogo dove si andava a godere del fresco e della penombra, e dove scorreva naturalmente dell'acqua. Gli scavi archeologici, condotti tra il 1981 e il 1986 da Alfonso de Franciscis, hanno messo in luce il settore inferiore del complesso. La principale attrattiva della Villa, per l’eccezionale stato di conservazione, è la grande cisterna ipogea a tre navate, alla quale si accedeva in antico dal livello superiore per mezzo di una scala a chiocciola.
La copertura della cisterna è costituita da un insieme di volte a crociera, sorrette da otto pilastri quadrati disposti in due file. Alle due estremità di questo settore residenziale si trovano alcuni ambienti, con pavimenti a mosaico policromo a motivi geometrici e intonaco dipinto sulle pareti. Scavi condotti di recente (2010), ma ancora inediti, hanno messo in luce un’ampia sala ottagonale e diverse canalizzazioni, una delle quali si collegava probabilmente alla cisterna. Nella zona a Sud di quest’ultima si trova inoltre un complesso di ruderi non ancora scavato, che corrisponde al quartiere termale.
Tradizioni a artigianato
Festa di San Rocco – Suono di tamburi e ballo votivo
La festa di San Rocco viene celebrata tre volte all’anno: il 27 gennaio, in forma modesta ed in ricorrenza del miracolo della sudorazione della statua del patrono; il 16 agosto, senza processione; l’ultima domenica di agosto con grande flusso turistico di ogni provenienza; quest’ultima è nota per il ritmo incessante dei tamburi, carcasse e piatti, pifferi, organetti e tamburelli. I suoni nei giorni precedenti annunciano la domenica, la sera e notte di sabato “la veglia” o “nottata” con forte partecipazione al santuario con canti e preghiere e la messa liturgica, i diversi gruppi di suonatori di tamburi e altri strumenti, iniziano dal Santuario e nei momenti di preghiera, si disperdono per le vie del paese per poi ritornare dopo mezzanotte e a notte fonda davanti al piazzale del Santuario con a seguito i tanti devoti a ballare, è già domenica prima dell’alba, prima della processione.
La domenica mattina si radunano i pellegrini davanti al Santuario per l’inizio della processione. La processione dura diverse ore e termina poco prima del tramonto. Per tutta la durata della processione, il Santo viene seguito per le strade del paese dai fedeli al ritmo di tamburi.
La chiesa di San Rocco è situata nel largo dei V Martiri dove sorge anche il Palazzo Amaduri ed è dedicata, per l’appunto, a San Rocco, patrono di Gioiosa Ionica. All’interno della chiesa vi sono la statua di Sant’Anna, scolpita da Rocco Murizzi e la statua in cartapesta di Maria SS. Ausiliatrice, di Donna Gemma Incorpora.
Una città in festa
Oltre alla tradizionale festa di San Rocco, Gioiosa Jonica è animata da altre giornate di divertimento che si dipanano nel periodo estivo e autunnale.
“Gustando il Borgo”, Festival Internazionale degli Artisti di Strada, una manifestazione dedicata alle degustazioni di prodotti artigianali e tipici, accompagnati dalle mirabolanti esibizioni di alcuni artisti di strada. Si svolge il lunedì e martedì antecedenti all’ultima domenica di agosto.
Sagra del “Pezzo duro”, dedicata interamente al tipico gelato gioiosano, detto anche mattonella o tavoletta. Anch’essa si svolge ad agosto.
Festa delle castagne e del vino, durante la quale si possono degustare castagne e vino locali, si svolge a novembre.